domenica 5 marzo 2017

Lettera aperta di Christoph Butterwegge a Martin Schulz

Christoph Butterwegge, professore di scienze politiche, ricercatore sul tema della povertà e recentemente candidato alla Presidenza della Repubblica per la Linke, scrive una lettera aperta al candidato alla Cancelleria della SPD, Martin Schulz: c'è bisogno di una coalizione rosso-rosso-verde per rimettere in discussione l'Agenda 2010 e superare gli errori del passato. Dal Kölner Stadt-Anzeiger. 


Lieber Martin Schulz,

pochi giorni fà Lei era seduto vicino a me in prima fila all'Assemblea Federale. Entrambi abbiamo scelto di fare della giustizia sociale il faro della nostra azione politica, per questo io ripongo in lei la speranza di un grande cambiamento politico nel nostro paese. Non posso tuttavia farmi illusioni su di un partito da cui nel 2005 sono uscito a causa dell'Agenda 2010 e delle leggi Hartz, e che nonostante all'epoca al Bundestag ci fosse una maggioranza rosso-rosso-verde abbia preferito dare vita ad una "Große Koalition" con la CDU.

Per queste ragioni molti militanti profondamente frustrati e milioni di ex elettori della SPD oggi proiettano le loro speranze e i loro desideri su di lei, sebbene negli anni passati la leadership del partito li abbia sempre delusi. Lei puo' essere orgoglioso delle migliaia di nuovi tesserati che dopo la sua nomina a candidato SPD - intelligentemente messa in scena da Gabriel - hanno scelto di entrare nel partito. Nel 1972, l'anno della campagna elettorale di "Willy", ci furono piu' di 100.000 nuovi tesserati sotto i 35 anni. Peccato che nonostante cio', il partito, che poco dopo avrebbe superato il milione di tesserati, oggi non abbia nemmeno la metà delle tessere che aveva allora. Da quando lei ha deciso di sfidare Angela Merkel sono soprattutto i giovani a voler entrare nella SPD, e questo ci mostra l'enorme fascino che gli ideali di solidarietà e giustizia sociale continuano ad avere in un periodo in cui il divario fra i ricchi e i poveri si è fatto sempre piu' profondo.

Mi pare che lei abbia riconosciuto la crescente disuguaglianza sociale come il problema principale nello sviluppo della nostra società, tuttavia non è andato oltre qualche accenno sul modo in cui i rapporti di distribuzione attuali potrebbero essere corretti. Se mettesse in discussione Hartz IV dovrebbe mettere in discussione il cuore delle riforme che Gerhard Schröder nel suo famoso discorso sull'Agenda 2010  all'epoca aveva ben illustrato. Le regole rigide e le sanzioni draconiane dei Jobcenter, soprattutto per gli under 35, non solo sono vessatorie per chi le subisce, ma hanno costretto i lavoratori, i consigli di cogestione e i sindacati ad accettare condizioni di lavoro peggiori e salari piu' bassi. Sono molto curioso di conoscere le sue proposte di modifica.

Quale vantaggio avrebbero i disoccupati dal prolungamento dell'indennità di disoccupazione per gli ultra-cinquantenni, se un quarto di tutti i nuovi disoccupati nemmeno ne ha diritto e la grande maggioranza dei disoccupati riceve un sussidio Hartz IV? Con le riforme Hartz, le indennità per i disoccupati di lungo periodo (erano tra il 53 e il 57% del salario netto) sono state sostituite da un'indennità di sussistenza minima, il sussidio Hartz IV appunto. Questo è stato di gran lunga il provvedimento piu' drastico nella storia del diritto sociale e del lavoro della Repubblica Federale. Su questo argomento non si puo' tacere se si vuole essere credibili quando si parla di giustizia sociale.

Mi conceda di dire che la SPD nell'ambito delle politiche dell'Agenda ha fatto diversi errori, che lei dopo l'elezione a Cancelliere vorrebbe correggere. In verità l'errore decisivo è stato proprio l'Agenda 2010 con il concetto collegato di stato sociale "attivante". I disoccupati sono stati messi in una posizione subordinata e passiva, si è cercato di farli sentire colpevoli per la loro condizione. Al contrario la politica dello stato sociale attivo, come fino ad allora lo avevamo conosciuto, si basa sulla convinzione che non sono le persone colpite ad essere pigre, ma l'economia e il sistema sociale nel quale esse vivono.

Lei, gentile Martin Schulz, limita la solidarietà in maniera eccessiva alla parte centrale della società e chiede giustizia sociale "per le persone che lavorano duramente e che rispettano le regole", come Bill Clinton aveva già fatto anni fà negli Stati Uniti, prima di sopprimere gli aiuti sociali. Milioni di disoccupati lavorerebbero molto volentieri, anche duramente, tuttavia non lo possono fare - in alcuni casi da decenni - a causa delle loro basse qualificazioni professionali, della chiusura di una fabbrica, o di una grave malattia. Il prossimo governo - si spera guidato da lei - dovrebbe prima di tutto occuparsi di queste persone disoccupate, per lo piu' svantaggiate e destinatarie di un sussidio, perché tutte le persone - non solo gli occupati e le persone rispettose della legge - hanno il diritto di vivere in condizioni dignitose.

Lo stesso vale per le piccole pensioni. La sua annunciata "stabilizzazione del livello delle pensioni" per milioni di lavoratori non servirà a molto, perché con i tagli introdotti dal governo rosso-verde, molti pensionati ormai sono vicini alla soglia di povertà. E' necessario ritornare al livello delle pensioni di fine anni '90 e quindi alla possibilità di garantire un tenore di vita dignitoso a chi ha decenni di anzianità lavorativa. Il rafforzamento della previdenza integrativa, recentemente introdotto dalla Große Koalition, indebolisce la previdenza obbligatoria pubblica ed espone i lavoratori al rischio dei mercati finanziari.

E' necessario rifiutare il concetto neo-liberale di giustizia sociale espresso dal precedente candidato SPD Peer Steinbrück, che nel 2003 si era pronunciato a favore di una giustizia sociale basata "sulla performance", posizione ribadita poco prima delle elezioni del 2013 con queste parole: "giustizia sociale significa fare una politica per coloro che si impegnano per il futuro del nostro paese: che apprendono e si riqualificano, che lavorano, che fanno figli e li educano, che fanno impresa e creano lavoro, in altre parole, di coloro che fanno qualcosa per sé e per la società. La politica deve occuparsi di loro". No, il nostro stato sociale deve occuparsi di tutti, anche di coloro che hanno problemi, anche e soprattutto di queste persone; dei disabili, dei senza tetto, dei tossicodipendenti, di tutti coloro che secondo le parole di Steinbruch non possono essere considerati dei "fornitori di prestazioni".

Negli ultimi sondaggi il suo partito è davanti alla CDU/CSU. Per mantenere fino al giorno delle elezioni del 24 settembre l'ondata di ottimismo scaturita dalla sua candidatura, oltre ad una leadership simpatica e divertente, saranno necessari un programma attraente, la prospettiva di una maggioranza credibile per la SPD e un progetto comune con i futuri partner di governo. In caso di una coalizione con la CDU, anche se Lei fosse il Cancelliere, non ci sarebbe alcuna speranza di trasformare in realtà un'agenda politica fondata sulla solidarietà e la giustizia sociale. Per fare cio' Lei avrà bisogno di una coalizione rosso-rosso-verde e di un ampio supporto nella società civile. SPD, Verdi e Linke sono uniti dalla richiesta comune di un'assicurazione sanitaria unica che dia allo stato sociale un nuovo e piu' solido fondamento e che possa rappresentare una piattaforma programmatica unitaria per la coalizione rosso-rosso-verde (SPD, LINKE e Verdi).

Non appena hanno sentito il suo appello per una maggiore giustizia sociale e intuito la possibilità di un reale cambiamento di direzione politica, i lobbisti, gli economisti neo-liberali e gli altri opinionisti ci hanno immediatamente messo in guardia: c'è il rischio di un crollo del sistema produttivo tedesco affondato dal peso crescente delle prestazioni sociali e del welfare. Considerando le reazioni rabbiose delle associazioni degli industriali, Lei avrà bisogno di piu' coraggio, come del resto ha chiesto anche il Presidente della Repubblica neo-eletto Frank-Walter Steinmeier nel suo recente discorso all'Assemblea Federale. Anche nel caso in cui Lei fosse eletto Cancelliere, senza una proposta politica di ambia portata non Le sarà possibile superare le fratture sociali e le aberrazioni politiche sviluppatesi a partire dall'inizio dello scorso decennio.

Mit solidarischen Grüßen

Ihr Christoph Butterwegge 

giovedì 2 marzo 2017

Corruzione alla tedesca

Come si fa ad invadere i mercati esteri con i propri prodotti? Semplice, basta un po' di pressione politica e qualche tangente. A Monaco e Brema sono iniziati 2 nuovi processi per corruzione contro i dirigenti di alcune importanti aziende tedesche operanti nel settore della difesa: avrebbero pagato tangenti in Grecia per potersi aggiudicare dei contratti di fornitura molto lucrativi. Da german-foreign-policy.com


Sono iniziati i nuovi processi per i casi di corruzione aggravata relativi alla vendita di armi in Grecia, gli imputati sono i manager di importanti aziende tedesche produttrici di armi. Le procure di Monaco e Brema hanno formalizzato l'accusa nei confronti degli ex dirigenti delle aziende produttrici di armi Rheinmetall e Krauss Wegmann (KMW); i manager sarebbero personalmente responsabili per il pagamento di tangenti finalizzate all'ottenimento di contratti molto redditizi per la fornitura di carri armati e di un sistema di difesa aereo. In Grecia questi ordini hanno causato un danno immenso; sia prima che durante la crisi hanno infatti gravato con somme considerevoli sul bilancio pubblico e alla fine il conto è stato pagato con il denaro dei cosiddetti aiuti finanziari. Con il nuovo processo sarà forse possibile chiarire le circostanze, ma non è previsto un sollievo per le casse della Grecia. Anche la giustizia greca ha fatto le proprie indagini, tuttavia le multe per le condanne a Monaco e Brema non finiranno nelle casse greche ma in quelle della giustizia tedesca.

Favori

La compra-vendita di armi fra Germania e Grecia, oggetto dell'attuale processo per corruzione, inizia verso la fine degli anni '90. La Grecia in quel periodo aveva avviato una nuova fase di riarmo. La causa scatenante era stato il caso "Imia", uno scontro con la Turchia per 2 scogli disabitati fra le isole greche di Kalimnos e la terra ferma turca nei pressi di Bodrum, che all'inizio del 1996 stava per trasformarsi in una guerra fra 2 stati alleati nella Nato. Circa un quarto degli ordini fatti dalla difesa greca in quel periodo, diversi miliardi di Euro, furono assegnati ai produttori di armi tedeschi. Cio' è particolarmente degno di nota perché alla fine degli anni '90 nell'UE si discuteva di un possibile ingresso della Grecia nell'Eurozona; grazie alla pressione tedesca e contro le forti resistenze di altri paesi membri, l'adesione all'Euro fu finalmente concessa al vertice UE del giugno 2000. Che gli ordini di armi abbiano contribuito a cambiare la posizione di Berlino non è provato; ma è un dato di fatto che fossero parte di una lunga serie di favori greci nei confronti della Germania, favori che sicuramente hanno contribuito a migliorare il clima fra i due paesi: Atene dopo molti anni di opposizione aveva rimosso il suo veto contro la candidatura della Turchia all'ingresso nell'UE, da molto tempo caldeggiata da Berlino; i gruppi industriali tedeschi avevano ricevuto miliardi di dollari di ordini per i giochi olimpici di Atene del 2004; il 14 settembre del 2001 la Corte di Appello di Atene decideva che il pignoramento delle proprietà tedesche in Grecia per la compensazione delle vittime del nazismo richiedeva un consenso preventivo del Ministero della Giustizia greco - che di fatto fino ad ora lo ha impedito. 

Programmi congiunturali

I contratti arrivati dalla Grecia verso la fine degli anni '90 sono stati di notevole importanza per molte aziende tedesche operanti nel settore della difesa. Questo riguarda ad esempio i 4 sommergibili della classe 214, la cui vendita alla marina greca era stata conclusa dalla tedesca HDW (oggi: ThyssenKrupp Marine Systems, TKMS) fra il 2000 e il 2002. HDW aveva iniziato verso la fine degli anni '90 con la costruzione di celle a combustibile per la marina tedesca; la fornitura ad Atene dei sommergibili della classe 214, alimentati con le stesse celle a combustibile, aveva permesso di scaricare all'estero una parte degli immensi costi di sviluppo. La vendita ad Atene di 170 carri armati Leopard 2, per il costruttore di carri armati Krauss-Maffei Wegmann (KMW) "è stato un programma congiunturale molto gradito", scrivevano i commentatori. Mentre la KMW con quest'ordine ha incassato 1.7 miliardi di Euro, per i 4 sommergibili la HDW/TKMS ha incassato 2.1 miliardi di Euro. I pagamenti si sono protratti a lungo; una parte importante è stata recuperata solo grazie all'intervento del governo tedesco a partire dal 2010, quando la Grecia è sprofondata nella crisi e per poter pagare le fatture ai fornitori di armi tedeschi [2] ha dovuto utilizzare i cosiddetti aiuti finanziari da Bruxelles.

Processi per corruzione

Le circostanze che hanno condotto le parti a firmare un accordo per la fornitura di armi sono state chiarite in diversi processi e ora sono oggetto di due nuovi procedimenti giudiziari. Il riesame giudiziario di quanto è accaduto è stato possibile in quanto in Grecia diverse persone coinvolte hanno rotto il loro silenzio e hanno scelto di collaborare con la giustizia. Sia in Grecia che in Germania sono quindi iniziati dei nuovi processi. Uno di questi riguarda la vendita alle forze armate greche del sistema di difesa aerea Asrad da parte della società di Brema STN Atlas, nel frattempo acquisita da Rheinmetall. L'affare ha portato 150 milioni di Euro nelle casse di STN Atlas, ora Rheinmetall Defence Electronics (RDE). Per poter ottenere il redditizio contratto, secondo la ricostruzione della procura di Brema, Atlas all'epoca avrebbe pagato 3.3 milioni di Euro. I pagamenti sarebbero avvenuti fra il 1998 e il 2011. Rheinmetall, dopo un primo processo già perso a Brema verso la fine del 2014, ha dovuto pagare 37 milioni di Euro - il profitto illegalmente ottenuto (36.7 milioni di Euro) piu' una multa da 300.000 Euro. Ora pero' la procura di Brema con un nuovo procedimento giudiziario ha rinviato a giudizio i 5 Manager di Rheinmetall ritenuti personalmente responsabili. L'atto era dovuto in quanto gli imputati si erano resi responsabili anche individualmente, cosi' si dice nel provvedimento [3].

Relazioni utili

La Procura di Monaco ha formulato un'altra accusa: l'oggetto è la vendita di 24 obici da panzer alle forze armate greche da parte della KMW. L'azienda tedesca per questo affare ha incassato 188 milioni di Euro. L'accusa è convinta che anche per quest'ordine siano state pagate delle tangenti - e piu' precisamente attraverso un discutibile "ufficio per la consulenza nell'Europa del sud-est" che si ritiene sia stato istituito solo con questo scopo. I titolari dell'ufficio erano due ex deputati della SPD al Bundestag, Dagmar Luuk e Heinz-Alfred Steiner. Luuk era stato in Parlamento tra il 1980 e il 1990, e fra le altre cose era stato anche responsabile per i rapporti con il partito fratello greco PASOK; Steiner, in parlamento dal 1980 al 1994, è stato vicepresidente della Commissione Difesa. Entrambi erano in stretto contatto con Ákis Tsochatzópoulos, importante politico del PASOK ellenico, che dal 1996 al 2001, la fase calda del riarmo greco, è stato il Ministro della Difesa ad Atene. Attraverso "l'ufficio per la consulenza nell'Europa del sud-est", secondo le ricostruzioni dell'accusa, dal 2000 al 2005, per aprire la strada ai cannoni da panzer, sarebbero fluiti verso la Grecia oltre 5 milioni di Euro. Nel 2006 l'ufficio in questione è stato sciolto. Le persone che secondo le ricostruzioni dell'accusa sarebbero coinvolte nell'affare respingono ovviamente ogni accusa - fra questi c'è anche l'allora Amministratore della KMW (1999-2005) ed oggi Presidente del Consiglio di Sorveglianza Manfred Bode, un top-manager nell'industria delle armi tedesche che per il suo lavoro e per i suoi servizi ha ottenuto l'Ordine di Merito Federale (2007) e quello della Baviera (2009). [4]

Condanne utili

Per i responsabili dei reati, anche una condanna da parte della giustizia tedesca potrebbe configurarsi come vantaggiosa. Ad Atene infatti è in corso un'indagine nei loro confronti in cui sono plausibili pene piu' severe. In un caso di corruzione molto simile, gli avvocati dell'imputato - si trattava di un ex-funzionario Siemens - secondo una ricostruzione, hanno cercato "di ottenere in Germania, nel minor tempo possibile, una condanna dell'ex-manager alla libertà vigilata e ad una multa di circa un milione di Euro": solo in questo modo sono riusciti ad evitare che "il loro cliente dovesse rispondere anche alla giustizia greca". [5] Poiché in Europa nessuno può' essere condannato 2 volte per lo stesso reato, il suo trasferimento alla giustizia greca per la stessa accusa era stato reso impossibile. Anche nei nuovi casi di corruzione gli imputati potrebbero sperare in una pena piu' bassa in Germania, visto che nel nostro paese già dopo 5 anni i reati di corruzione cadono in prescrizione; il processo potrebbe essere quindi trasformato in un semplice caso di evasione fiscale. Un effetto collaterale dei processi celebrati in Germania è che le multe non saranno pagate nelle casse greche ma in quelle della giustizia tedesca; è già accaduto piu' volte. Anche in questi processi, ad avvantaggiarsi della corruzione che tanti danni ha causato alla Grecia, ma che invece alle aziende tedesche ha portato molti contratti lucrativi, sarà ancora una volta la Germania.

[1] Gerhard Hegmann: Dreckiges Erbe des deutsch-griechischen Panzer-Deals. www.welt.de 04.01.2014.
[2] Jörg Kronauer: "Wir sind die Herren des Landes". Der deutsche Griff nach Griechenland - Geschichte einer Unterwerfung. Hamburg 2016.
[3] Bestechungsverdacht gegen deutsche Rüstungsmanager. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.02.2017.
[4] Klaus Ott: Griechische Geschäfte. www.sueddeutsche.de 11.07.2016. Peter Hornung, Søren Harms: Top-Manager der Rüstungsindustrie angeklagt. www.tagesschau.de 21.02.2017.
[5] Ex-Siemens-Manager Christoforakos macht umfangreiche Aussagen. www.spiegel.de 04.07.2009


giovedì 23 febbraio 2017

La lotta di classe è qui - Il successo di AfD nell'est

Ottima traduzione appena ricevuta da Claudio. Prima parte di un bellissimo reportage che Die Zeit dedica allo straordinario successo elettorale di AfD a Bitterfeld, in Sachsen-Anhalt, e in molte altre zone dell'Est. A Bitterfeld alle regionali del 2016 AfD ha superato il 31%: un risultato che non puo' essere spiegato solo con la rabbia per l'ondata di migranti. Grazie Claudio per l'articolo! Da Zeit.de


A Bitterfeld, città della working class, AfD è il primo partito. I loro elettori non hanno problemi solo con gli immigrati, bensì anche con il capitalismo.



Quando il deputato dell'Afd Daniel Roi vuole spiegare perché la gente della sua circoscrizione elettorale è così arrabbiata non va al centro dei rifugiati. Va al lago. L'acqua riluce oscura, sulla riva ci sono le panchine per il picnic e nei lotti dei camper permanenti svernano le canoe. Lì accanto campeggia la réclame del circolo nautico: “la vela non deve essere costosa”. 



Goitzsche è il nome del lago che è sito all'estremità di Bitterfeld-Wolfen, una città nella parte sud-orientale della Sassonia-Anhalt. Qui in estate le persone stendono i loro teli, fanno il bagno, vanno in canoa e praticano lo sci d'acqua. 


È un mercoledì di dicembre, il bavero del cappotto di Roi è sollevato verso l'alto e la barba è accuratamente rasata. Lui ha 29 anni ed è uno dei pochi giovani che qui non è solamente nato ma anche deciso di restarci. A dieci anni entra nel corpo dei volontari dei vigili del fuoco. A diciotto avvia la sua prima iniziativa civica. A 25 diventa membro dell'AfD. Alle elezioni regionali del marzo 2016 riceve il 31% dei voti, primo fra i candidati del suo collegio elettorale. In tutto ciò il lago ha svolto un ruolo importante.

Prima, quando Roi era un bambino e il muro non era ancora stato abbattuto, qui rimbombavano le scavatrici che lavoravano in una delle aree minerarie ricche di lignite più estese della DDR. In seguito al crollo della Germania Est la zona si deindustrializzò e dalla cava a cielo aperto fu ricavato un lago artificiale. Il suolo venne bonificato, il cratere fu riempito d'acqua e lungo i pendii vennero piantati gli alberi. In seguito furono tracciati dei percorsi pedonali e furono costruiti parcheggi. Il tutto richiese più di 200 milioni di euro tra incentivi allo sviluppo federali, regionali, europei e soldi dei contribuenti. Tre anni fa però il comune di Bitterfeld-Wolfen ha venduto larga parte del lago ad una società privata per soli 2,9 milioni di euro. Il nome della compagnia è “Blausee” (n.d.t. “lago blu”) ed è specializzata nella privatizzazione di patrimonio naturalistico, avendo già acquistato dallo Stato diversi laghi. Il proprietario è l'imprenditore farmaceutico multimiliardario Adolf Merckle.

“La collettività ha pagato affinché il lago fosse abbellito” dice Roi “e chi ne ha tratto giovamento?” Punta il dito verso un tratto recintato della riva. Là, dietro delle canne palustri alte quanto un uomo, ci sono due case galleggianti con i tetti a terrazza costruite in vetro e legno chiaro e con un accesso esclusivo al lago. In una rimessa per le barche si trova uno yacht a motore cromato sollevato con il cric. Sulla recinzione è affisso il cartello “Proprietà privata, vietato l'accesso”. Un po' più a nord, su un'incantevole penisoletta, dei cingolati spianano la riva: direttamente a ridosso dello specchio d'acqua stanno costruendo un complesso residenziale. “Miliardari” dice Roi e la parola risuona come se fosse un'ingiuria.

Alle elezioni in Sassonia-Anhalt Bitterfeld-Wolfen è il Comune dove l'AfD ha preso più voti. Nei giorni successivi al voto sono venuti giornalisti da Amburgo, da Berlino, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. Volevano sapere i motivi che avevano spinto così tanta gente a votare l'AfD. Hanno ripreso la piazza del mercato, hanno mostrato persone che indossavano pantaloni da jogging grigi, che si ingozzavano di grassi würstel e che apostrofavano come “negri” gli immigrati e come “criminali” i politici. Hanno documentato la realtà, ma hanno raccontato solo mezza verità. 

È da parecchio tempo che il successo dell'AfD non si basa più soltanto sull'odio nei confronti degli stranieri o sulla rabbia nei confronti della cancelliera Merkel; sono riusciti – più di ogni altro partito – ad approfittare dello strappo sociale che attanaglia la Germania, quello tra ricchi e poveri, tra città e campagna, tra l'élite globalizzata e il piccolo uomo di provincia. L'indignazione dei politici come Roi è generata tanto dall'accoglienza verso i rifugiati quanto dai trucchetti contabili delle grandi multinazionali, dalla privatizzazione di beni pubblici e dalle aziende che prima ricevono sovvenzioni dallo Stato per milioni di euro e poi delocalizzano all'estero. 

Il popolo umile contro il capitale globale: con questo slogan la destra sta racimolando i voti di quanti – in passato – votavano a sinistra, un fenomeno che si registra in tutta l'Europa: nelle aree deindustrializzate dell'Inghilterra settentrionale, nelle campagne della Polonia, nella Germania orientale e nel sud della Francia. Marine Le Pen, leader del Front National, si presenta come la paladina della classe lavoratrice francese, il quasi presidente austriaco Norbert Hofer dell'FPÖ viene visto come il difensore del numero crescente di lavoratori a rischio di esclusione sociale. Nella regione della Ruhr, un tempo feudo rosso, vista l'alta densità di acciaierie e miniere di carbone, l'AfD sta mettendo su un'organizzazione per i lavoratori con l'intento di strappare voti all'SPD e alla Linke. 

A Bitterfeld tutto ciò non è più necessario. Qui l'SPD durante l'ultima tornata elettorale ha ottenuto solo l'8% dei voti. La Linke è scesa al 13%, che per gli standard dell'ex Germania Est rappresenta un pessimo risultato. E, sebbene nelle recenti votazioni per il sindaco non abbia vinto l'AfD, bensì il candidato della CDU sostenuto da un'ampia coalizione, alle elezioni per il Parlamento regionale di settembre l'AfD è riuscita a superare tutti i singoli grandi partiti. 

“Che ne è di quelli che dal successo non ottengono nulla?”

Daniel Roi monta nella sua Skoda grigia. Nel portaoggetti della portiera c'è un volantino dell'AfD, un depliant per la circoscrizione elettorale: la parola “profugo” non compare nemmeno una volta, si parla però di argomenti come i pensionati in difficoltà, i tagli ai vigili del fuoco, i quartieri operai in degrado e le scuole che vengono chiuse. Roi dichiara di avere paura per il proprio Paese. Quando spiega perché non fa riferimento tanto ad una questione d'identità quanto al problema della ridistribuzione; quando cita “quelli di sopra” intende politici influenti ma anche potenti multinazionali, Merkel&Merckle insomma. “Quelli che stanno in alto” dice Roi “sono quelli che si sono presi il Goitzsche”. 

Roi preme sull'acceleratore. Si lascia il lago alle spalle e si dirige verso la zona industriale, là dove ai tempi della DDR l'impianto chimico di Bitterfeld e Wolfen avvelenava l'aria; dopo la riunificazione grandi multinazionali vi hanno costruito i propri impianti di produzione. Roi passa davanti alla fabbrica di colore bianco del colosso farmaceutico Bayer che a Bitterfeld produce le compresse dell'aspirina. Poi è la volta dell'impianto giallo-grigio dell'Heraeus che qui produce vetro al quarzo, cui fa seguito il forno di fusione della Guardian Industries, una multinazionale americana che fabbrica lastre di vetro.

Osservata da qui Bitterfeld può sembrare un piccolo miracolo economico. Dove un tempo c'erano fabbriche decrepite adesso si produce secondo standard ambientali elevati. Là dove decine di migliaia di persone persero il proprio lavoro in seguito alla dissoluzione della DDR il tasso di disoccupazione è nel frattempo nuovamente calato: da oltre il 20% nel 2003 a meno dell'8% nel 2016. Nel reparto chimico, il settore economico più importante della regione, gli stipendi continuano a salire. “L'economia mette il turbo” dice il sindaco della città, “la via del successo è spianata” fa eco il presidente dell'agenzia locale per l'incentivazione dell'economia. Il deputato Afd Daniel Roi invece si interroga: “Che ne è di coloro che dal successo non ottengono nulla?”

Lungo la strada si snoda un imponente sistema di tubazioni, un reticolato di oleodotti multicolori trasportano idrogeno e cloro gassoso da una fabbrica all'altra: attraversano la città come un sistema vascolare e riforniscono le fabbriche di prodotti chimici, mentre queste ultime dovrebbero provvedere a rifornire la città di posti di lavoro. Quantomeno questo era il piano.

Molti dipendenti lautamente retribuiti dalla Bayer o dalla Guardian non vivono però a Bitterfeld ma a Halle o a Lipsia, ed è lì che spendono i loro guadagni. Anche il tasso di disoccupazione non appare più così roseo se osservato più da vicino: molte persone infatti sono andate via o in pensione. Pertanto non è facile stabilire se sia più la città a trarre profitto dalle multinazionali o viceversa. “La Bayer realizza alti profitti ma versa pochissime tasse” rivela Kay-Uwe Ziegler, un collega di partito di Daniel Roi, anch'egli di Bitterfed. Né la Bayer né la città hanno voglia di esprimersi su questo punto: segreto fiscale. Ma un consigliere comunale della Linke afferma che la Bayer effettivamente non pagherebbe cifre esorbitanti in tasse ,un “segreto di Pulcinella” a suo giudizio. Preferisce non dire altro, non vuole inimicarsi un colosso industriale tanto potente. 

Sia ben chiaro: non è che siccome le statistiche sulla disoccupazione non sono negative tutti qui se la passino bene. Nell'autunno 2016 l'istituto demoscopico di Allensbach ha interrogato gli elettori. Il 38% dei sostenitori dell'AfD riteneva di far parte “ della schiera di coloro che in Germania sono rimasti indietro mentre agli altri va sempre meglio”, la percentuale più alta fra tutti i partiti.

In un isolato vicino alla zona industriale, in un piccolo appartamento con il pavimento in laminato, abita Diana Riemann. Sul bracciolo del sofà c'è un pupazzo di Arlecchino, nell'armadio a parete un angelo di porcellana. Sul tavolino in vetro nel salotto, tra la guida TV e un numero di Wochenspiegel, è riposta una brochure azzurra: è il programma dell'AfD. Alle politiche di settembre 2017 Riemann vuole andare a votare; per la prima volta da quasi venti anni. 

Diana Riemann in realtà si chiama in un altro modo, ma lei non vuole essere riconosciuta, teme di perdere il lavoro. Riemann non lavora alla Bayer, dove gli stipendi sono alti e c'è un autorevole consiglio di fabbrica. Lavora per la Soex, un'azienda che ricicla vestiti usati. 700 lavoratori smistano cappotti, pantaloni, t-shirt e scarpe. In tre turni, giorno e notte. Lei trascorre otto ore al giorno immersa tra gli stridii dei carrelli elevatori e il frastuono delle presse, continuamente chinata. Sul tavolo ci sono i monitor che controllano se i lavoratori svolgono correttamente le loro mansioni, a seconda del reparto si arriva fino a due tonnellate di vestiti al giorno.

Gli abiti che Riemann smista puzzano. L'aria che respira è stantia. Il lavoro che svolge è monotono. “Piglia, piglia, piglia” dice lei, aprendo e chiudendo i pugni; il suo dito medio è storto. “Dito a scatto” e lo fa balzare in avanti. Nervi infiammati e mal di schiena, questo è il prezzo da pagare per il suo posto di lavoro. Quando ha il turno mattutino si alza alle quattro meno dieci. Quando torna a casa è distrutta. Alle 18:45 guarda il telegiornale RTL. Non va a letto più tardi delle 20:30. 

Il salario della Riemann è leggermente più alto di quello minimo. Non ha diritto alle ferie pagate e alla tredicesima. Le spettano tre settimane di ferie ma non decide lei quando prenderle. Alla Soex la gran parte dei dipendenti ricevono le ferie a luglio, quando le macchine sono in manutenzione: luglio però è alta stagione e farsi una vacanza è quasi ovunque troppo costoso. 

Riemann dice che se trovasse qualcosa di meglio, magari un'occupazione in un'attività commerciale, come cassiera da KiK o da Edeka, cambierebbe subito lavoro. Che le aziende cercano manodopera, che il tasso di disoccupazione scende e che il gettito fiscale è in aumento, queste sono tutte cose che Riemann ha già sentito. Ma non ne sente gli effetti. La sua condizione nel 2016 è la stessa del 2003. 

All'epoca in Sassonia-Anhalt una persona su cinque era disoccupata e chi aveva un lavoro aveva la sensazione di essere facilmente rimpiazzabile. Era il tempo della disoccupazione di massa, dei tagli e delle riforme “Agenda 2010”. Il governo a guida socialdemocratica ridusse i sussidi per la disoccupazione, diminuì le tutele sui licenziamenti e cominciò a controllare meticolosamente i bisogni e le necessità di coloro che richiedevano aiuti sociali. Tutto ciò mirava a rinforzare l'economia e a preparare il Paese alla globalizzazione e al cambiamento demografico. Alla fine queste riforme sarebbero dovute tornare utili a tutti.

La CDU pretese tagli ancora più radicali. Nel 2003 tenne un congresso di partito non lontano da Bitterfeld. Sul palco c'era una signora in tailleur. Con voce ferma richiese “un abbassamento del costo del lavoro”. Propose un patto ai lavoratori come Diana Riemann: promise loro “benessere e sicurezza” reclamando in cambio “flessibilità e rendimento”. Questa donna di nome faceva Angela Merkel e quel congresso tenutosi a Lipsia viene oggi ricordato come la cesura neoliberista nella storia della CDU. Dimostrarsi flessibili, rafforzare il senso di autoresponsabilità, stringere la cinghia. Questo era il leitmotiv dell'anno zero, l'imperativo della recessione.

(Fine prima parte) ...Seconda parte

sabato 18 febbraio 2017

Oskar Lafontaine sul pericolo di un'Europa tedesca

Riflessione molto interessante di Oskar Lafontaine sull'evoluzione dell'egemonia tedesca in Europa e sulle nuove ambizioni militari di Berlino: dopo la moneta unica un ruolo di primo piano nell'integrazione degli eserciti europei. Dal profilo FB di Oskar Lafontaine.

oskar lafontaine


L'Europa tedesca, la nuova nazione guida,

presto avremo l'Europa da cui Thomas Mann ci aveva messo in guardia: l'Europa tedesca. Senza mostrare il minimo imbarazzo, qualche tempo fa i media hanno celebrato Merkel come la nuova regina o imperatrice d'Europa. I fatti: nella politica economica la Germania domina i paesi europei, e l'euro - per la Germania una moneta troppo debole, per i paesi del sud troppo forte - garantisce la supremazia dell'industria dell'export tedesca in Europa e nel mondo. E quando un paese come la Grecia per un po' di tempo cerca di opporsi alle richieste tedesche, il Feldmaresciallo di Merkel, Wolfgang Schäuble, ci fa sapere la data in cui la sua pazienza finirà: e quel giorno "isch over".

Ora la nazione guida tedesca ha scoperto un nuovo terreno di gioco. La FAZ con un certo orgoglio scrive: "La Bundeswehr sta diventando l'esercito guida in Europa all'interno della NATO". Una brigata della Repubblica Ceca ed una rumena saranno portate sotto il comando di una divisione tedesca, in modo da poter aumentare il potenziale di combattimento congiunto. Le forze armate olandesi hanno dato il buon esempio ed hanno di fatto già subordinato due terzi delle loro unità alle strutture di comando tedesche. Anche con la Polonia sono in corso sforzi analoghi per creare strutture comuni nelle forze armate, trattative che il governo polacco sta portando avanti in silenzio. La FAZ non dimentica di sottolineare che ciò' aprirà "nuove prospettive di business per i produttori di armi tedeschi ed europei". Contemporaneamente fra le forze politiche conservatrici e i giornalisti cresce la richiesta di un'arma nucleare tedesca. E naturalmente, almeno cosi' si dice, dovremmo ampliare il bilancio militare per arginare la "minaccia russa", sebbene la Nato spenda in armi 13 volte quanto spende la Russia. 

Senza rendersene conto, gli "exportnazionalisti tedeschi" e i sostenitori di un "esercito àncora" tedesco in Europa stanno lavorando per danneggiare ulteriormente il progetto europeo. Gli europei non vogliono essere governati da Berlino. Thomas Mann aveva ragione: i tedeschi non dovrebbero battersi per "un'Europa tedesca", ma per una "Germania europea".



mercoledì 15 febbraio 2017

Martin Schulz, l'europeista nazionalista

Schulz l'europeista che risale nei sondaggi ed è in grado di sfidare Merkel e la CDU. Schulz grande speranza per l'Euro e l'Europa, dopo gli anni bui del merkelismo e dell'austerità, saprà rilanciare il progetto europeo? Secondo Taz.de è altamente improbabile, perché la SPD è storicamente piu' vicina agli interessi nazionali che non a quelli europei, e con Schulz non andrà diversamente. Un'analisi di Martin Reeh da Taz.de


La battuta "si è formato un gruppo di lavoro di socialdemocratici all'interno della SPD" nasce ai tempi dell'agenda 2010, oggi probabilmente ha perso un po' di smalto. Ma illustra in maniera abbastanza chiara il problema della SPD: fare una politica sociale perché ci si chiama socialdemocratici non è una cosa ovvia

Perché allora l'opinione pubblica crede che Martin Schulz sia un "europeo purosangue" (FAZ), un "convinto europeista" "(Tagesschau), "un europeo appassionato" ((Wirtschaftswoche), forse solo perché i leader della SPD lo vendono come un "grande europeista" (Frank-Walter Steinmeier)? 

Perché non dovrebbe esserlo?

Per rispondere a questa domanda bisogna andare a scavare un po' nella storia. Nel 1998 - Kohl è ancora Cancelliere, Lafontaine capo della SPD - Ingrid Matthäus-Maier tiene al Bundestag la madre di tutti i discorsi della SPD sull'Euro. All'epoca era portavoce del gruppo SPD sui temi di politica fiscale, e quel giorno parlò in qualità di principale relatore d'opposizione, Ministro delle Finanze era Theo Wagel (CSU).

Dobbiamo spiegare ai cittadini l'Euro in maniera comprensibile, disse lei: "Mi ricordo di un caso nel mio collegio elettorale nel 1994. Pochi giorni dopo la svalutazione della Lira stavo visitando l'acciaieria Klöckner-Mann­staedt. Il morale era a terra. Dobbiamo licenziare personale, mi dicevano. La Lira è andata giu'. Cinque giorni dopo gli italiani avevano cancellato tutti gli ordini a questa acciaieria tedesca. Avrebbero dovuto pagare le fatture in Marchi, a causa della svalutazione della Lira servivano molte piu’ Lire di quante non ne sarebbero state necessarie prima. Qualche giorno dopo hanno deciso di spostare tutti gli ordini in altri paesi. Questi esempi concreti ci mostrano che le turbolenze valutarie sono pericolose anche per il nostro paese. Per questa ragione l'Euro è una buona cosa, soprattutto per noi". 

Egoismo nazionale

Matthäus-Maier giustificava un progetto europeo con l'egoismo nazionale, sorvolava sul fatto che gli altri paesi avrebbero avuto dei problemi, a differenza della Germania - alla fine del discorso chiedeva un coordinamento delle economie, delle finanze e delle politiche fiscali europee dopo le elezioni del 1998, coordinamento che pero' non è mai arrivato: "Non è possibile che in Europa ci siano ancora dei paradisi fiscali e si pratichi il dumping fiscale su larga scala".

Con l'Agenda 2010, invece, la maggioranza rosso-verde inizia un'aggressione ai modelli economici dei paesi vicini. Piu' tardi con l'Eurocrisi, le profezie di Matthäus-Maier diventano realtà: Italia, Francia e Grecia non possono più' svalutare le loro valute, la Germania ne approfitta. Il sud Europa non riesce ad uscire dalla crisi. 

Pezzi del discorso di Matthäus-Maier si possono trovare ancora oggi fra le paraole dei leader socialdemocratici attuali, anche se con qualche piccola variazione. Il candidato alla cancelleria Schulz parla dell'industria automobilistica, invece dell'acciaio, e ci spiega perché l'Europa deve assolutamente mantenere l'Euro. Secondo Schulz, in una sua intervista del 2012, con la reintroduzione del Marco, "l'industria automobilistica tedesca non dovrebbe piu' avere paura solo dei cinesi, ma anche della Francia e dell'Italia, di Peugeot, Citroën e Fiat". L'Euro ai suoi occhi è un mezzo per proteggere i lavoratori specializzati che votano SPD, dalla concorrenza degli altri paesi europei.

Nella campagna elettorale del 2017 vuole far rivivere le promesse di armonizzazione fiscale europea fatte all'epoca da Matthäus-Meier: "Se il piccolo fornaio paga onestamente le tasse, ma la catena di caffetterie globali parcheggia i suoi utili in un paradiso fiscale, siamo di fronte a una grande ingiustizia. La lotta contro l'evasione fiscale sarà dunque una questione elettorale chiave", ha detto Schulz nella suo discorso inaugurale a Berlino.

Il populismo „Blame your neighbour" 

La SPD è il partito dello Status Quo nella politica europea. Ogni passo indietro nel processo europeo (ad esempio la fine dell’Euro) toccherebbe gli interessi del proprio elettorato, come del resto ogni passo in avanti verso il piu’ Europa (una assicurazione sociale comune, la messa in comune del debito, o le sanzioni per il surplus commerciale elevato). La sola eccezione è l’armonizzazione fiscale: mentre la Germania ha beneficiato dell’Euro, altri paesi come l’Irlanda o l’Olanda ottengono vantaggi dalle basse aliquote fiscali.

Se l'Europa dovesse mantenere l'Euro e unificare la tassazione, la Germania avrebbe un ulteriore vantaggio competitivo. Schulz, che come Matthäus-Maier non parla mai di cio' che le esportazioni tedesche causano all'estero, con la sua campagna sulle imposte sta portando avanti una politica populista del tipo "blame your neighbour".

I cambiamenti politici arrivano raramente da coloro che beneficiano dello status quo. I socialdemocratici hanno ampiamente supportato le politiche di austerità di Merkel e Schäuble. La richiesta di emettere gli Eurobond, e cioè la messa in comune dei debiti, Schulz l’ha sostenuta solo per un breve periodo. Per lui, in ultima analisi, era poco importante, come del resto la richiesta di un vasto programma di investimenti e crescita per tutta l'Europa. Per entrambi i progetti Schulz non ha combattuto in maniera credibile.

3 fasi nella politica europea

Nella politica europea socialdemocratica si possono distinguere a grandi linee 3 fasi: nella prima la SPD ignora completamente le richieste di solidarietà arrivate dai partiti fratelli europei, dalla Francia, dall’Italia e dalla Grecia. Quando nel 2013 si trova a negoziare nuovamente una Grande Coalizione, fra le condizioni per l'accordo non c'è una diversa politica europea. Isolato politicamente, François Hollande lancia un programma economico vicino agli interessi dell'economia, programma che di fatto renderà la sua ricandidatura impossibile. Il Pasok greco si è dissolto. Matteo Renzi si è dimesso.

Quando il centro lascia uno spazio politico libero, sebbene le condizioni siano difficili, altre forze si fanno avanti. Nella seconda fase vincono i partiti alla sinistra dei socialdemocratici. In Grecia, Syrizia conquista il potere nel 2015. Il suo tentativo di bloccare le politiche di austerità finisce durante una lunga notte di negoziati a Bruxelles. Verso i democratico-cristiani come Juncker, Schulz è sempre stato molto cordiale, il governo Tsipras invece percepisce immediatamente la sua ira: "sono stufo", annuncia Schulz. Un'uscita a sinistra dalla crisi dell'Eurozona, dopo l'inchino di Syriza, appare ormai alquanto improbabile.

Nel 2016 inizia la terza fase - i populisti di destra prendono il sopravvento: in Gran Bretagna vincono i sostenitori della Brexit. Nell'Inghilterra del Nord, a causa della migrazione di manodopera dall'est Europa, una parte dei lavoratori vota Si'. Quando i britannici chiedono di mantenere un accesso privilegiato al mercato interno dell'UE, Schulz risponde che la libertà di movimento dei lavoratori non è negoziabile. Per non stravolgere il senso del referendum sulla Brexit, Theresa May annuncia una "Hard Brexit". Promette alle aziende imposte piu' basse e dà vita ad un'alleanza con Trump.

La solidarietà nazionalista con Merkel

Questo è il bilancio nella gestione dell'Eurocrisi della SPD: nessuna alleanza con i socialdemocratici europei, piuttosto la scelta di una solidarietà nazionale con Merkel. Come conseguenza la fine dei governi socialdemocratici in Francia e in Italia. La sconfessione dei partiti a sinistra. Alla fine: aver spinto i britannici verso una "Hard Brexit", e quindi l'annessa minaccia di concorrenza fiscale in Europa e la conseguente alleanza con Trump contro l'UE.

Ma le egemonie non durano all'infinito, come la buona congiuntura tedesca. Il surplus commerciale tedesco negli ultimi tempi è stato messo sotto pressione. In primo luogo grazie ad una politica piu' isolazionista degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Secondo, perchè anche altri paesi potrebbero applicare riforme simili all'Agenda 2010 - ad esempio Emannuel Macron in Francia se dovesse vincere. Terzo, perché potrebbe esserci l'uscita di uno o piu' paesi dall'Euro, nel caso in cui Marine Le Pen dovesse vincere. 

Come reagirebbe la SPD guidata da Martin Schulz? Prendiamo il passato come esempio: in caso di uscita della Francia o dell'Italia, ci sarebbe sicuramente un'espulsione dura. E in politica interna? Schulz ancora oggi sostiene che l'Agenda 2010 "è stata la risposta giusta ad una fase di stagnazione". Vale a dire: se il boom dell'export dovesse fermarsi, i tagli sociali tornerebbero al centro della discussione politica?

Il concetto della SPD è il seguente: se vuoi che per i tuoi elettori le cose vadano bene, allora ai tuoi vicini di casa europei devono andare male. Se la SPD fosse stata veramente pro-europea, avrebbe già da tempo trovato un accordo comune con i suoi partiti fratelli nell'UE: sul salario minimo, sugli investimenti, sulle assicurazioni sociali, sulle tasse, sulle sanzioni per gli eccessi negli avanzi commerciali. Avrebbe spiegato ai suoi elettori che a Volkswagen deve andare un po' peggio, affinché le cose per Fiat e Peugeot possano andare un po' meglio.

Invece, la Germania con l'Agenda 2010 ha esportato la sua crisi economica all'estero. Donald Trump, Theresa May, Emmanuel Macron e Marine Le Pen lavorano affinché la crisi torni di nuovo in Germania.

mercoledì 8 febbraio 2017

Lettera aperta di Heiner Flassbeck al Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier

Nachdenkseiten.de pubblica una bellissima lettera aperta di Heiner Flassbeck al futuro Presidente federale Frank-Walter Steinmeier. L'economista scrive al futuro presdente per spiegare quanto potrebbe essere importante il suo ruolo nel cambiare la narrazione dell'eurocrisi e nel togliere il vento dalle ali dei partiti nazionalisti di destra, prima che sia troppo tardi. Dalle Nachdenkseiten



Sehr geehrter Herr Steinmeier,

pochi giorni prima della sua elezione a Presidente della Repubblica, vorrei cogliere l'occasione per parlare brevemente del Suo ruolo nella politica tedesca degli ultimi 15 anni e per chiederLe in che modo il presidente Frank-Walter Steinmeier intende prendere posizione contro il crescente nazionalismo in Europa.

In un'intervista alla SZ del 27 gennaio ha detto:

"La politica deve dire chiaramente che le risposte non potranno essere sempre piu' semplici se i problemi diventano sempre piu' complessi. Cio' presuppone una fiducia nelle istituzioni democratiche. E queste istituzioni possono essere difese solo se non ci muoviamo in un mondo fantastico in cui la distinzione fra verità e menzogna lentamente tende a scomparire. La democrazia è il quadro all'interno del quale possiamo discutere le nostre controversie. Possiamo discutere sui modi e sulle soluzioni - ma sempre con rispetto reciproco e senza il veleno della menzogna, della diffamazione e della delegittimazione. Non dobbiamo disperare: dove e quando il populismo è stato capace di governare e in grado di mostrare risultati?“

Discutere senza il veleno della menzogna, chi non sarebbe d'accordo? Purtroppo non ha detto nulla su come si possa distinguere fra verità e menzogna e su come ci si dovrebbe comportare quando la verità viene taciuta.

Nella stessa intervista ha anche detto:

"Sono profondamente convinto che l'Europa come progetto di pace, libertà e benessere non sia superato. L'Europa è il nostro futuro, e l'Europa ha un futuro. In nessun altro luogo è possibile mostrare che la cooperazione e la collaborazione non sono giochi a somma zero, ma portano benefici a tutti. Dalle macerie di un'Europa distrutta dalla guerra è sorto uno spazio di meravigliosa diversità, tolleranza senza precedenti e di coesistenza pacifica, del quale possiamo essere solo orgogliosi e che rappresenta un esempio per il mondo intero".

E' davvero possibile dimostrare che la cooperazione europea non è un gioco a somma zero? Prendiamo ad esempio un semplice problema politico che per il futuro dell'Europa ha un'importanza primaria: l'eurocrisi. Ci sono diverse spiegazioni possibili di questa crisi, che qui non elencherò. Ma una di queste varianti mostra chiaramente che con l'inizio dell'unione monetaria c'è stato un importante gioco a somma zero, un gioco che la Germania ha vinto.

In questa variante, con l'inizio dell'Unione monetaria, la Germania ha immediatamente migliorato la sua competitività grazie alla pressione esercitata dalla politica sui sindacati. I salari sono stati ridotti in maniera significativa. La Germania in questo modo ha violato al ribasso il target di inflazione del 2% concordato con tutti gli altri paesi europei, sebbene fosse lo stesso obiettivo tedesco che tutti gli altri paesi membri si erano dati volontariamente. La Germania ha quindi svalutato in termini reali, mentre i paesi vicini non si aspettavano o forse non avevano capito la strategia di svalutazione tedesca. Le istituzioni preposte non hanno saputo monitorare l’unione monetaria.

La Germania grazie a questo vantaggio competitivo è riuscita ad aumentare in maniera massiccia le sue esportazioni, raggiungendo un enorme surplus delle partite correnti e riducendo nel corso degli anni il proprio livello di disoccupazione. La Francia, di gran lunga il paese che più' si è attenuto agli obiettivi di inflazione della BCE, deve fare i conti con una disoccupazione crescente. Lei conosce molto bene questa analisi perché era presente quando qualche anno fa ho avuto la possibilità di presentarla al Segretario del partito Sigmar Gabriel.

Qui non si tratta di stabilire se la mia interpretazione delle cause sia giusta o sbagliata. Piuttosto, se la politica tedesca si rifiutasse di discutere questa spiegazione della crisi, non ci troveremmo di fronte alla scomparsa di ogni differenza fra menzogna e verità? La vera domanda dovrebbe quindi essere: coloro che consapevolmente si rifiutano di discutere questa analisi, devono forse essere considerati dei bugiardi oppure semplicemente dei disonesti? Ormai se ne parla apertamente in tutta Europa. Nel mondo anglosassone questa spiegazione appartiene da tempo alla comprensione standard della crisi, in Italia e in Francia sempre piu’ persone ne sono consapevoli e ciò' genera sempre più’ odio nei confronti della Germania. La Commissione Europea ormai ha ampiamente accettato questa spiegazione, fatto che si riflette nelle crescenti critiche verso i giganteschi avanzi commerciali tedeschi.

In Germania invece non se ne parla. La politica fa finta che questa spiegazione non esista, i media ne parlano solo brevemente e di passaggio, magari quando all'estero sale la tensione, spesso viene descritta come un'ipotesi stravagante. Ma il silenzio puo' essere molto rumoroso, quando viene tirata via la tenda della menzogna collettiva. 

Un classico esempio lo ha offerto il Ministro dell'Economia uscente la scorsa settimana. Ha avuto 25 minuti di tempo per presentare al Bundestag la relazione economica annuale sul 2017. Ha elogiato in dettaglio i risultati dell'ultima legislatura, la descrizione della buona situazione economica ha occupato una lunga parte del discorso, in particolar modo la bassa disoccupazione e l'elevato tasso di occupazione. La situazione degli altri paesi europei è stata toccata a malapena, solo una volta, in una frase il Ministro ha parlato dell'avanzo delle partite correnti tedesche, previsto in ribasso nel 2017, fatto che dovrebbe rallegrare la Commissione Europea (un segnale che forse la Commissione potrebbe aprire una procedura di infrazione contro la Germania a causa degli avanzi commerciali).

Il riferimento alla Commissione è interessante perché dimostra che il Ministro dell'Economia sa bene quanto le eccedenze tedesche in Europa siano viste in maniera critica. Se ne è consapevole, perché non ne parla, e si comporta come se la Commissione potesse essere ignorata, passando rapidamente all'argomento successivo? Non siamo forse al punto in cui la distinzione fra menzogna e verità è già scomparsa? Se io so molto bene che il mio comportamento è oggetto di aspre critiche da parte dei miei vicini, ma mi rifiuto anche solo di parlarne, siamo di fronte a una menzogna o a disonestà? Se io violo le regole stabilite di comune accordo, pero' allo stesso tempo esorto costantemente gli altri a rispettare le regole, che cosa è questo: faccia tosta o sfacciataggine?

Se io sono potente ma mi rifiuto di parlare del mio comportamento discutibile, di cosa si tratta allora? Abuso di potere oppure un ricatto verso i meno potenti da parte dei potenti? Se io poi in pubblico nego questo problema in modo da non turbare i cittadini, di cosa si tratta? Sviamento dell'opinione pubblica, disonestà oppure bugia? Se non affronto con argomenti validi un partito nazionalista, magari ammettendo le responsabilità tedesche, secondo il quale gli altri europei sono da biasimare per la crisi dell'euro e sempre secondo il quale i tedeschi saranno costretti a pagare per gli errori dei vicini, a cosa siamo di fronte: viltà, stupidità oppure auto-inganno?

Come Presidente della Repubblica, sehr geehrter Frank-Walter Steinmeier, molto probabilmente lei vorrà essere di esempio per la gioventù' tedesca incoraggiandola a non evitare le domande scomode. Intende quindi esortare la SPD a rinnovare la sua responsabilità europea affrontando una discussione aperta con i giovani su questo tema, in modo da togliere il vento nazionalista dell'arroganza dalle ali dei partiti di destra?

Quando l'Agenda 2010 ha compiuto 10 anni, lei ha festeggiato l'anniversario insieme agli altri responsabili, sottolineando l'ottimo stato dell'economia tedesca e l'importante ruolo svolto dalle politiche dell'Agenda. All'epoca tuttavia si era dimenticato di menzionare che per gli altri paesi le cose non vanno troppo bene, proprio a causa delle politiche dell'Agenda: ad esempio Francia e Italia dall'inizio dell'unione monetaria hanno perso quote di commercio con l'estero, mentre la Germania ne ha guadagnate. In questo caso il "partenariato" è stato chiaramente un gioco a somma zero. Lei pero' tace sull'argomento, sebbene il futuro dell'Europa sia in dubbio.

Come Ministro degli Esteri è rimasto in silenzio quando il suo collega Schäuble ha costretto la Grecia ad accettare una politica insensata, e come tutti oggi ormai dovrebbero sapere, disastrosa nelle conseguenze. In qualità di Presidente della Repubblica, al di là dei vincoli di appartenenza politica, intende lanciare un segno di riconciliazione scusandosi con il popolo francese, italiano e greco?

Come vede, sehr geehrter Herr Steinmeier, è una cosa complicata quella della menzogna e della verità. Nulla è semplicemente nero o bianco, le tonalità di grigio sono sempre decisive. Un Presidente della Repubblica che fa solo prediche ce l'avevamo già. Lei arriva dal cuore della politica degli ultimi 20 anni, lei ha avuto delle importanti responsabilità. Lei puo' smuovere quello che gli altri nella stessa posizione non potevano muovere. Le crederanno, se dovesse ammettere che all'inizio degli anni 2000 non aveva realmente capito gli effetti devastanti che, politiche pensate solo per la Germania, hanno poi avuto sul resto d'Europa. Con un solo colpo potrebbe dare nuovo slancio ad una traballante Europa e togliere ai nemici dell'Europa a destra, in patria e all'estero, il loro argomento principale. 

Le auguro successo nel suo nuovo ufficio e le invio i miei migliori saluti. 

Heiner Flassbeck


sabato 4 febbraio 2017

L'egemonia a metà

Hans Kundnani, grande esperto di politica internazionale britannico, in una bellissima intervista a Taz.de ci parla dell'arroganza tedesca, della politica europea della SPD, delle similitudini fra il 2016 e il 1871 e dell'egemonia tedesca in Europa. Da Taz.de



Taz: Herr Kundnani, Angela Merkel è il candidato alla Cancelleria per la CDU-CSU. La Germania sembra un'isola di stabilità, forse solo perché la Cancelliera è la causa del caos all'estero, ad esempio in Italia o in Grecia? 

Hans Kundnani: c'è qualcosa di vero in questo. L'euroscetticismo in Europa è come un gioco a somma zero. Se volessimo cambiare le politiche europee per far arretrare l'euroscetticismo in Francia e in Italia, ad esempio con una condivisione del debito, in Germania crescerebbe.

Taz: nella SPD si è discusso a lungo se Martin Schulz doveva essere o meno il candidato alla Cancelleria. Nessuno pero' si è chiesto quali sarebbero le implicazioni per le politiche europee se Schulz dovesse diventare Cancelliere. Viene venduto come il grande europeista. 

Kundnani: non vedo una grande differenza fra lui e Gabriel, per quanto riguarda l'Europa. E non vedo nemmeno una grande differenza fra SPD e CDU, sempre in merito alle politiche europee. Sin dall'inizio dell'eurocrisi, le politiche europee della SPD sono state una delle piu' grandi delusioni. Nel 2010 Steinmeier e Steinbrück avevano parlato pubblicamente di una messa in comune del debito. Ma poi si sono resi conto: la paura di una unione di trasferimento in Germania è cosi' grande che per ragioni di Realpolitik non è possibile sostenere una simile posizione.

Taz: Schulz sostiene una "unione piu' profonda fra stati sovrani" - è un modo diverso di riformulare il piu' Europa.

Kundnani:  una delle mie maggiori frustrazioni è che nel dibattito tedesco sull'Europa domini questo pensiero lineare: o si è per il piu' Europa oppure per il meno Europa. Io in Germania vedo pero' un "europeismo pro-tedesco". Cioè: la Germania è pro-europea, nel senso che chiede un'Europa tedesca. Si è disposti a compiere ulteriori passi verso l'integrazione, ma solo secondo il modello tedesco. Il miglior esempio è lo Schuldenbremse (pareggio di bilancio aggiustato per il ciclo economico). In Germania lo ha introdotto Steinbrück nel 2009, prima dell'inizio dell'Eurocrisi, in seguito è stato imposto agli altri paesi europei.

Taz: la narrazione più' diffusa nel sud-Europa è quella dell'egemonia tedesca dall'inzio dell'Eurocrisi. Lei dice invece, la situazione è molto piu' complessa: quella della Germania è solo un'egemonia a metà - ci troviamo quindi in una situazione simile a quella successiva alla fondazione del Reich nel 1871. Come si spiega?

Kundnani:  con tutte le dovute differenze fra l'impero e la situazione attuale, la similitudine prima di tutto ha a che fare con la geografia. La Germania è piu' meno nella posizione in cui si trovava allora, e dalla riunificazione ha piu' o meno le stesse dimensioni che aveva allora. La Germania è di nuovo il centro d'Europa. Durante la guerra fredda era al confine fra est e ovest. Sempre che la geografia abbia ancora un ruolo...

Taz: non c'è piu' una minoranza tedesca all'estero da riportare a casa all'interno del Reich. E se l'Austria appartiene o meno alla Germania, non sembra essere poi cosi' importante.

Kundnani:  io non credo che la questione tedesca possa essere espressa in un solo modo. Ai tempi del Reich la questione tedesca era prima di tutto una questione geopolitica, ora è una questione geo-economica. La potenza tedesca crea in Europa un'instabilità simile a quella che allora causava il Reich con la sua potenza militare. E la questione tedesca e quella europea sono ancora strettamente collegate fra loro. 

Taz: lei dice, la Germania non è abbastanza grande per imporre la pace economica in Europa, e cioè farsi carico dei debiti degli altri paesi, ma da un altro punto di vista, è sufficientemente grande da dominare il continente con i suoi interessi economici.

Kundnani:  si', è troppo grande per una qualche forma di equilibrio, ma troppo piccola per l'egemonia. Dopo il 1871 l'egemonia voleva dire essere in grado di battere militarmente tutte le altre grandi potenze europee. Ora invece si tratta di imporre in maniera brutale la propria volontà in tutta Europa, oppure di farsi carico dei problemi europei. L'Eurocrisi ha mostrato che la Germania non è stata in grado di farlo. La Germania, ad esempio, non è riuscita ad imporre i suoi interessi contro Mario Draghi e contro la sua politica dei tassi a zero. La Germania non puo' essere un buon egemone...

Taz: un po' come gli Stati Uniti in Europa dopo il 1945.

Kundnani: ...e cioè consentire una messa in comune del debito, tollerare una moderata inflazione oppure pagare dei trasferimenti fiscali permanenti - tutte quelle cose che potrebbero tenere unita l'UE. Per entrambe le varianti dell'egemonia, quella brutale e quella piu' soft, bisogna disporre delle risorse. Nella tradizionale questione tedesca si trattava di risorse militari per poter battere le altre grandi potenze militari. 

Taz: il tentativo è fallito 2 volte.

Kundnani: non c'è da stupirsi. Ma ora la Germania non ha le risorse economiche per una politica di egemonia. In questo senso io difendo i tedeschi dalle critiche anglosassoni, tipo quelle di Paul Krugman, che dice piu' o meno: i tedeschi non hanno capito nulla di come funziona l'economia.

Taz: la sua toeria sull'egemonia tedesca a metà è ancora valida anche dopo il Brexit e la crisi dei migranti? Se Marine Le Pen dovesse diventare il presidente francese, la Germania sarebbe di nuovo isolata invece di essere semi-egemonica.

Kundnani: l'uno non esclude l'altro. Sarebbe tipico per la storia tedesca: la posizione di egemonia a metà porta prima o poi all'isolamento e poi all'accerchiamento. Solo un egemone completo non puo' essere isolato.

Taz: se la politica europea tedesca ha un fondamento razionale, come si esce dalla crisi attuale? Lei diffonde fatalismo.

Kundnani: io guardo alla crisi europea e vedo che il ruolo tedesco è alquanto tragico. Non c'è una soluzione facile - e per questo io sono alquano pessimista sul futuro europeo. Al di là della situazione oggettiva in cui ci troviamo c'è anche un secondo parallelo con la storia tedesca: lo stato d'animo successivo all'unità tedesca del 1871.

Taz: lei si riferisce all'arroganza tedesca.

Kundnani: si' al trionfalismo - al senso della misssione: la Germania in Europa sente di avere una missione, guidare gli altri sulla retta via.

Taz: la politica tedesca nella crisi dei rifugiati è stata troppo trionfale?

Kundnani: no, alla fine non c'era alcun motivo per esserlo: la Germania non è stata in grado di imporre la sua posizione. Tuttavia vi troviamo l'elemento centrale della missione. Quello che unisce entrambe le crisi, è la tendenza tedesca a pensare: noi sappiamo come agire in modo corretto - gli altri in Europa semplicemente non riescono a capirlo

Taz: le élite tedesche oggi sono internazionali come non lo erano mai state fino ad ora. Nonostante cio' pensano tedesco. Perché non prendono in considerazione le opinioni degli altri?

Kundnani: nel dibattito tedesco c'è uno strano mix fra provincialismo e internazionalismo. Dall'inizio dell'Eurocrisi la Germania si preoccupa meno delle critiche che arrivano dall'estero. Prima i tedeschi erano ipersensibili in materia di critiche dall'estero, soprattutto se arrivavano dalla Gran Bretagna, dagli Stati Uniti o dalla Francia. I tedeschi avevano bisogno di conferme...

Taz:...di non aver fatto errori dopo il 1945?

Kundnani: è stata la mia impressione, come britannico. All'epoca ci si auspicava che i tedeschi diventassero solo un po' più' fiduciosi e che non prestassero troppa attenzione a quello che gli altri dicevano di loro. Ora siamo nella situazione opposta. Probabilmente è iniziato tutto con la guerra in Irak, dopo la quale i tedeschi hanno pensato: noi lo sapevamo. 

Taz: l'asse franco-tedesco si è spezzato, nonostante sulla guerra in Irak entrambi i paesi avessero la stessa opinione.

Kundnani: si', è vero. Mi spaventa il modo in cui a Berlino dall'inizio della crisi Euro si parla della Francia.

Taz: ad esempio?

Kundnani: non voglio fare qui nessuna citazione diretta, ma alcuni funzionari tedeschi di alto livello, oppure i membri di qualche influente Think-Tank, parlano dei francesi con un certo disprezzo: li trovano ridicoli oppure semplicemente stupidi. I francesi non avrebbero alcuna idea e per questo devono essere messi in riga.

Taz: lei scrive che fino al 1914 quella tedesca è stata un'egemonia solo a metà, per questo è stato possibile creare delle alleanze contro il Reich. Nella situazione attuale pero', già da molto tempo Francia e Italia avrebbero potuto unirsi contro la Germania per difendere i loro interessi.

Kundnani: la lezione della storia è ambigua. E cioè: queste coalizioni sono necessarie - oppure queste coalizioni portano alla guerra? Se prendiamo in considerazione la classica questione tedesca...

Taz: la Germania ha perso le guerre a causa di coalizioni anti-tedesche?

Kundnani: sul tema delle coalizioni anti-tedesche c'è molta divisione. Anche i francesi, gli italiani e gli spagnoli le temono. Anche io, e credo che le coalizioni anti-tedesche distruggerebbero l'Europa. Io vedo pero' una pressione strutturale verso la costruzione di una coalizione - e comunque avrei preferito che a costruire la coalizione anti-tedesca fossero stati Renzi e Hollande, piuttosto che il Movimento 5 Stelle e Le Pen

Taz: che cosa è cambiato con l'elezione di Trump?

Kundnani: è' sorprendente il modo in cui dopo le elezioni americane si parla di "Merkel come il vero leader del mondo libero". L'idea che la Germania possa sostituire gli Stati Uniti è ridicola. Primo perché gli USA sono un potere globale, la Germania al massimo è una potenza regionale. Secondo perché l'espressione "leader del mondo libero" durante la guerra fredda aveva senso solo perché gli Stati Uniti erano pronti ad impiegare il loro potere militare per difendere la democrazia. La Germania ha poco potere militare.

Taz: ci si riferisce piu' che altro ad una leadership morale tedesca.

Kundnani: dubito che Merkel possa svolgere questo ruolo. Proprio perché la Germania negli ultimi 6 anni ha imposto una politica brutale nell'Eurozona. Indipendentemente dal fatto che fosse giusta o sbagliata, credo che la leadership tedesca non possa essere riconosciuta in Europa. Trump tuttavia solleva una nuova domanda in merito al ruolo di egemone a metà della Germania. Non sappiamo se la garanzia di sicurezza americana resterà invariata anche per la Germania. Si tratta probabilmente di un game-changer. La Germania ne esce indebolita, perchè non è una potenza nucleare. E la Francia al contrario sembra piu' forte.

Taz: l'economista americano Joseph Stiglitz nel suo ultimo libro scrive che il piu' grande rischio per l'Europa è il „muddling through“, e cioe' tirare a campare invece di decidersi per il piu' o il meno Europa.

Kundnani: sono d'accordo. Si immagini cosa accadrebbe se il Front National  dovesse veramente prendere il potere in Francia.  Per eliminare davvero questo pericolo in Europa avremmo bisogno di una politica radicalmente diversa, una politica per la crescita e l'occupazione. Ma i tedeschi non possono e non intendono avviare una politica economica diversa in Europa.